Temporalità è il viaggio musicale intimo di Mimmo Pesare (alias Ninotchka) sui bit dell’elettropop d’autore

Je dis toujours la vérité : pas toute, parce que toute la dire, on n’y arrive pas… Les mots y manquent

Dico sempre la verità: non tutto, perché dicendo tutto, non si può… Mancano le parole.

La citazione di Lacan, suona come un Manifesto dell’Evocazione tramite il linguaggio musicale in apertura. Ninotchca, chiarisce subito ogni tentativo interpretativo che voglia fermarsi alla letteralità dei testi a seguire.
Una sorta di “patti chiari amicizia lunga” fra Mimmo Pesare e l’ascoltatore che si appresta a immergersi in questo splendido viaggio musicale su vinile.

Serve continuità analogica per questo; il gesto e la sua ritualità, lo stilo che affonda nel solco e ne estrae il senso profondo più che la mera sequenza numerica digitale.

Ninotchka è lo pseudonimo di Mimmo Pesare ma anche la traccia d’apertura dell’album.
Un prologo dettato dalla voce di Jacques Lacan, scarno comunicato quantomai efficace che poggia sui crepitii iniziali di una lacca vinilica da lì in poi, superbamente silenziosa e quieta.

L’incedere dei “frattali” rapisce dopo 30 secondi dall’inizio dell’album, evocando istantaneamente “maglie neuronali” senz’altro attribuibili a frequentazioni musicali eleganti e colte (Brian Eno – Fractal Zoom – album Nerve Net 1992).

Con una partenza così, la predisposizione all’ascolto è quanto meno agevolata. I credits, come jolly giocati subito a inizio partita, aprono tutti i sistemi rappresentazionali lasciando fluire le 8 tracce successive con naturalezza, senza alcuna soluzione di continuità, neanche dopo il rituale e obbligato “cambio lato” del vinile.

Mare crudele gode di un sostrato elettropop sapientemente condito da una delle più belle voci poprock che abbiano mai utilizzato la lingua italiana in musica, quella di Georgeanne Kalweit dei Delta V.

Il tema del mare che ingoia corpi ma nulla può contro la forza dei pensieri e dei desideri dei migranti, è trattato con sopraffina metrica e straordinaria bellezza da Mimmo Pesare. I Bit in contrappunto, suonano sapientemente funzionali allo stato di paura repressa in mezzo alla vastità del mare, come un cuore in gola da provare a ricacciare giù pensando alla salvezza possibile quantunque difficile.

Scegli, nei fatti non propone una scelta; sviluppa il narcisistico racconto di vite spesso finte, plasticose e più che mai protese a dare sfogo all’insopprimibile vacua necessità di fornire un’opinione (non richiesta) su tutto.

Elogio della legittima rivendicazione di una mancanza d’opinione quando non v’è approfondita conoscenza, che il tempo attuale, sembra non prevedere neanche come ipotesi meramente accademica.
Abilità richiesta? Una voce tremendamente snob e distaccata. Gianluca De Rubertis de IL GENIO. What else? o se preferite …bingo!

Gli fa eco dalla B-side Emidio Clementi dei Massimo Volume che presta la voce a in nessun posto, propalando, lui si, una consapevole scelta di legittimo piacere nell’osservazione della decadenza delle cose, rinfrancata dalla certezza che tutto “naturalmente” scorra e che non serve averne irrazionale paura.

Languidamente lo stilo scorre nel solco in una spirale di testi quasi mai ermetici ma che molto lasciano spazio a culle di silenzi inframezzati da parole straordinariamente pesate.

E’ in Haiku n.1, che si compie invece il viaggio catartico nell’annus horribils della pandemia e “l’unica prova dell’anno che trascorre è il mio tabacco che finisce” nella voce suadente e ormai matura di una Miss Michela Giannini come non te l’aspetteresti.

Non ho voglia di spoilerare oltre ma non temo smentita nell’annunciarvi altre tracce e testi straordinariamente ammalianti.

Temporalità è un album che nasce maturo pur essendo il primo di Mimmo Pesare, perché traspone riflessioni di una mente raffinata, in solchi corrugati da bit sincopati eppure mai angoscianti, anzi, spesso intrisi di evocazioni ritmiche familiarmente tranquillizzanti, in una sorta di ossimorica inquietudine che rapisce e tiene desta la lettura critica dell’ascoltatore.

E’ un album squisitamente meditativo e realmente affascinante che può intelligersi già dal secondo ascolto ma che matura lentamente e si struttura acquisendo corpo e spessore ad ogni ascolto successivo. Bello subito, intrigante nel tempo.

Sul piano audiofilo, pur essendo “costruito in laboratorio” (leggi studi di registrazione sparsi), rivela una coerenza timbrica degna di nota e sconosciuta a molti lavori similmente strutturati. Non si possono attendere “mirabili scene acustiche” in larghezza e profondità tipiche di un sound captato dai microfoni, in simultanea presenza degli artisti in uno spazio allestito, ma la stratificazione dei piani sonori, ancorché costruita ad arte, non rivela grossi limiti di innaturalezza sebbene ampiamente connaturati al genere elettropop.

Temporalità è un “signor album” da possedere a tutti i costi. Una landa sicura nei momenti di riflessione intima accompagnati da gradite scoperte superalcoliche rigorosamente Scotch e tabacchi da fumo lento e consapevole.

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