GIOCONDA DE VITO ( Martina Franca, 1907 – Roma 1994)

Un paio di settimane fa a Bologna, in un mercatino dell’usato, mi sono fermato presso un banco che vendeva dischi e ho chiesto al giovanotto dietro al banco se teneva dischi usati di musica classica.

I dischi in mostra erano solamente di rock, prog e disco. Il ragazzo sui 30-35 anni, capello lungo, barba ‘’grunge’’ e vistosamente tatuato mi fa : “oggi non li ho portati ma se vieni a trovarmi in magazzino te li mostro”.

“Che roba hai”, faccio io. E lui : “ho un 10 pollici di Gioconda de Vito”. Ammetto che sono rimasto sorpreso e perplesso. Dubito che sapesse chi fosse Gioconda de Vito.

Probabilmente un attempato collezionista di vinili di classica in visita presso di lui gli ha fatto presente che quel 10 pollici ha un certo valore.

Perché  proprio Gioconda de Vito? Sappiate che questo nome ha tutt’oggi il potere di seminare scompiglio, alle volte panico a livello planetario, nel mondo stravagante dei collezionisti di vinile di musica classica.

Alcuni suoi dischi sono all’asta sui siti web e le offerte arrivano a svariate migliaia di euro.

L’unico suo disco stereo in vinile inciso per la Emi (HMV ASD 429) nel 1959 con musiche di Bach e Mozart in edizione originale e in condizioni buone vale 4000 dollari USA.

I suoi dischi mono in vinile sono ricercatissimi. Chissа se nella ridente Puglia i Martinesi (gli abitanti di Martina Franca) sono al corrente di questa loro gloria locale?

Ma andiamo con ordine. Gioconda de Vito nasce nel 1907 a Martina Franca, nella Valle d’Itria, non lontano dai trulli di Alberobello, da genitori produttori e commercianti di vino.

Fin da bambina rivela doti inaspettate con il violino imparando la musica e la pratica dello strumento da sola. Un parente violinista di professione fu colpito dalla bambina e convinse i genitori a farla studiare seriamente.

Studiò al conservatorio di Pesaro per due anni e alla giovane età di tredici anni, ottenne il diploma cominciando una carriera solista che ebbe dell’incredibile. Basti dire che come partners in duo suonò con Edwin Fisher, Wilhelm Furtwangler e con Yehudi Menuhin , in trio con A.

Benedetti Michelangeli ed Enrico Mainardi. Toscanini era pieno di ammirazione per le sue interpretazioni delle musiche di Bach. A 17 anni le fu affidata la direzione del conservatorio di Bari appena istituito.

Nel 1932 vinse il primo premio al concorso per violino di Vienna istituito in quell’anno e Jan Kubelik, famoso violinista e compositore boemo presidente della giuria, una volta che G. de Vito ebbe terminato l’esecuzione della Ciaccona di Bach, salì sul palco e le baciò le mani.

Circa venticinque anni dopo ( 1959) Gioconda de Vito avrebbe inciso per la Emi e sotto la direzione del figlio di Jan, Raphael Kubelik musiche di Bach e Mozart dando alle stampe uno dei pochissimi dischi stereo (Emi HMV ASD 429) che sono il suo ridottissimo lascito all’industria discografica.

Ammirata e richiesta in tutte le parti del mondo, suonò molto in Europa, Russia e Asia senza mai esibirsi in America se non alla fine della carriera nel 1960. Mussolini che era un appassionato violinista dilettante, cercà più volte di convincerla a fermarsi a Roma e insegnare.

Cosa che si concretizzò, avendo condotto per alcuni anni la classe di violino all’Accademia di Santa Cecilia. Il celebre violinista David Oistrakh, quando nel 1958 fondò il premio Tchaikovsky per violino, la volle costantemente come membro onorario della giuria.

Alla fine degli anni 40 suonò spesso in Inghilterra, paese per il quale provava una certa affinitа tanto da convolare a nozze con il responsabile della sezione HMV della Emi nel 1949.

Cattolica fervente e devota, considerava il suo talento un dono di Dio. Il suo approccio all’arte del violino e alla musica era estremamente rigoroso.

Preparava una sua esibizione in modo maniacale, per non parlare della sua ritrosia a chiudersi in sala di registrazione e lasciare ai posteri un documento che lei riteneva comunque imperfetto.

Studiò il concerto per violino di Brahms per vent’anni e solo nel 1953 lo incise per la Emi con Rudolf Schwartz alla testa della Philarmonia Orchestra (HMV Emi ALP 1104). Era inflessibile a tal punto che un suo concerto era una sfida con se stessa da condurre sul piano estetico, etico e perfino fisico, arrivando spesso spossata al termine di una esibizione.

Negli anni 50 a Roma assistette a un concerto del famoso pianista francese Alfred Cortot. Costui era famoso, soprattutto in tarda età e alla fine della sua carriera, per l’incredibile serie di note sbagliate che infilava in un suo concerto.

Nonostante l’etа e la salute traballante il pianista francese ( 1877 – 1962 ) continuò a esibirsi fino alla soglia degli ottant’anni. In platea Gioconda de Vito si ripromise che a lei una simile sorte non sarebbe di sicuro capitata.

Quando avrebbe capito che la parabola discendente era in agguato, avrebbe smesso di suonare.

E così fece. Nel 1961, all’etа di 54 anni e nel pieno della sua carriera artistica, appese letteralmente il violino al chiodo e non si esibì più in pubblico. Qui le sue parole:

«Troppe volte ho assistito alla decadenza di un artista e ne ho provato una pietà mostruosa. Perciò ho voluto troncare la mia carriera nel momento in cui mi sono accorta di non poter dare ancora di più. Quando un organismo cessa di svilupparsi comincia istantaneamente ad invecchiare, ed io la decadenza non ho voluto iniziarla».

Circa dieci anni prima, in Vaticano, dopo una esibizione privata per il Papa di un duo per violino e piano di Brahms richiesto dallo stesso Pontefice (al piano sedeva Wilhelm Furtwangler!) G. de Vito espresse a Pio XII la sua intenzione di smettere di esibirsi e lo fece partecipe dei suoi dubbi se privare il suo pubblico di un talento che lei considerava dono di Dio.

Il Papa cercò di convincerla a non sprecare un talento così grande e le fece leggere una lettera di un suo ammiratore presente a una sua esibizione in Vaticano del concerto per violino di Mendellshon. Durante l’ascolto del secondo movimento, si era convinto dell’esistenza di Dio e aveva rafforzato la sua fede.

L’udienza privata con il Papa durò un tempo considerevole tanto che i familiari di G.de Vito si impaurirono pensando che si fosse persa tra le mura del Vaticano.

Ottenne la cittadinanza inglese e trascorse metà della sua vita isolata nella campagna di quel paese insieme al marito recandosi qualche volta a Londra per assistere a concerti.

Soffriva di nostalgia per sua città natale e si recò a visitare la Puglia e Martina Franca diverse volte ma una volta allontanata dalla campagna Inglese, ne sentiva subito la mancanza.

Un’estate, durante gli anni 70, incontrò in vacanza su un’isola greca Yehudi Menhuin che, memore dei loro duetti negli anni ‘40 ( incisero insieme il concerto per due violini di J.S. Bach), la invitò a casa sua per suonare insieme il violino. G.de Vito era da diversi anni che non impugnava un archetto.

Si accorsero che in casa c’era solo un violino e non se ne fece niente. Era destino. Sopravvisse di qualche anno al suo amato marito e morì a Roma nel 1994.