La prima cosa che ho fatto, dopo aver collegato la multipresa Teorema Elettrico FS-6D all’impiantone ancora prima di “mettere” un pò di musica, è stato inviare la foto dell’oggetto a due conoscenti: un cavo scettico un pò tonto e un audiofilo impallinato. Il primo mi ha canzonato, il secondo me l’ha richiesta in prova a casa sua. Salvo cinque minuti dopo scrivere: “se costa uno sproposito no che se poi me ne innamoro… “.

Racconto questo antefatto per stigmatizzare i due approcci estremi quanto antitetici: il primo soggetto è sicuro che un aggeggio del genere non può funzionare; il secondo se ne è già quasi innamorato, solo presagendo gli eventuali miglioramenti che avrebbe potuto apportare al suono del suo impianto.

E io? Beh io sono sereno e prendo le distanze da simili atteggiamenti. So che alcune di queste diavolerie funzionano bene, altre meno, ma tutte modificano udibilmente il suono. Ho solo da capire se quel cambiamento costituisce un innalzamento della qualità d’ascolto.

Per l’occasione ho elaborato un metodo di prova alquanto banale: ho analizzato uno alla volta, in successione, i parametri sotto elencati:

  • Estensione in frequenza
  • Correttezza timbrica
  • Dinamica
  • Trasparenza
  • Scena acustica
  • (Non è vero, non credetemi ho cominciato così ma poi mi è venuto in mente quel disco, poi quel brano, poi quell’altro e tutto s’è incasinato all’inverosimile)
  • (Comunque ho preso appunti…)

Atteso il tempo necessario del warm-up all’impianto, durante il quale, causa calura afosa padana, ho eseguito il cold-down di alcune “parti oscure”, ho scaraventato The Fat of the Landdei Prodigy nel CDP e ho dato motore. Uno sballo! Di primo acchito pare proprio che tutti i parametri siano rispettati. Mi stupisce che, a differenza di altre realizzazioni simili, la cruda e a tratti brutale musica del gruppo non appaia leccata ma più scontornata, rifinita.

Continuo il massaggio al ventre con un tellurico disco mix 45 giri americano dei Run DMC: My Adidas/Peter Paper (interessante perché come quasi tutti i mix da discoteca ha i solchi più profondi e distanziati degli LP). Infatti non manca la telefonata dal centro sismologico della (mia) signora del piano sopra. 

Bene!

La serata, che ha ormai preso una piega alquanto cafona, devia senza un vero perché sul finale. Tiro fuori un paio di Jimi Hendrix ellepì, uno originale (stampa italiana) e l’altro ristampa Sony Legacy. Il Sony contiene molte più informazioni, immagino trasferite in modo infinitamente più corretto e completo su master e poi su lacca, tanto che il doppio Electric Ladyland me lo ascolto tutto, assorbendo ogni nota con avido gusto. Rimanendo attonito per quanta qualità c’era in quel giovane artista, troppo in fretta dipartitosi da questa valle di tasse.

Spegnendo tutto e andando a dormire rifletto sul fatto che questa volta ho sentito più musica del solito dai miei stessi album, che conosco molto bene.

La sera seguente: del Jazz, della musica antica, del canto e dei pochi strumenti è stata la più rivelatrice.

Coi dischi giusti sono riuscito a comprendere – ed apprezzare – quasi tutto della personalità della multipresa con filtro di rete sotto esame.

Intanto ho scoperto, su tutti i CD ascoltati, una sorta d’indurimento in una piccola porzione della gamma medio-alta (della quale in verità già sospettavo). Il difetto è però scomparso ascoltando gli stessi dischetti rippati, con il sistema di lettura per la musica liquida. Da ciò è emerso che il mio lettore, o il cavo digitale ad esso collegato, agiscono negativamente in una zona precisa dello spettro acustico. Dunque uno dei due sarà condannato a morte!

A parte tutto, ho potuto riascoltare molta musica che conosco benissimo ma con più dettagli. Ad esempio è emerso molto chiaramente il vociare in sottofondo durante la registrazione di Come Gone (Sonny Rollins, Way Out West, Analogue Productions APJ 008). Scopro nel CD When Will The Blues Leave (Paul Bley, Gary Peacock, Paul Motian, ECM 2642 774 0423) una miriade d’informazioni minute, prima obliate dove, addirittura compaiono le armoniche della grancassa della batteria, di solito molto rare nelle normali registrazioni. 

E poi liuti e cromorni, arpe celtiche e flauti, voci femmili e voci maschili, cori russi e canti gregoriani e sempre lo stesso copione: la musica resta la stessa ma con qualche o molte informazioni a basso livello in più.

Alla fine di questa seconda sessione mi ha rallegrato constatare una certà neutralità da parte della multipresa. Altri oggetti provati in passato, pur risolvendo alcuni disturbi, tendevano però a colorare il suono, smussandolo leggermente e trattenendo la dinamica (il famoso suono “leccato” di cui sopra).

La sera dedicata alla musica classica sinfonica è stata altrettanto appassionante.

Non ho saputo resistere dal cominciare con Also Sprache Zarhatustra (LP Universal Music/Deutsche Grammophon – UCJG-9004) dove è la gamma bassissima a dover mostrare il meglio di sé. Infatti il pedale dell’organo inizia subito spingendo a bassissima frequenza. L’intelligibilità è massima e non vi è segno di compressione. Alla fine dell’arcinoto incipit del poema vi è del silenzio, profondissimo. Poi, ma lentamente, appena sfiorati, emergono tetri come Dei del sottosuolo i contrabbassi. Ho il cuore in gola.

Fra i tanti ascoltati e suggeriti per voi: Complete Works For Violin And Orchestradi Tchaikovsky, con Salvatore Accardo ai violini; (LP Philips 9500 146) e Le Sacre Du Printempsdi Stravinsky (LP Decca SXL 6691):

Stessa esperienza anche con la classica ma con qualche lieve variazione: incremento percepito della trasparenza, dei dettagli “statici” (aumento dell’oscurità del fondo dal quale sortisce la musica) e di quelli dinamici (rivelazione più netta e profonda della composizione e del decadimento armonico dei suoni; informazioni a basso livello maggiormente micrcocontrastate).

Mi resta solo una perplessità: quando intervengono grandi masse orchestrali, richiedendo quindi una certa quantità d’energia in più, talvolta in modo istantaneo, a me sembra che la musica subisca una sorta di leggero rallentamento. È una sensazione che si coglie specialmente se si ha un collaboratore che opera un ON/OFF immediato. Il caso ha voluto che nella scatola della multipresa fosse stato inserito per sbaglio anche il filtro separato di tipo plug in per le multiprese non filtrate:

il modello FS-2S

nel sistema modulare di Teorema Elettrico è presente anche un voltmetro digitale. Così ho collegato il mio finalone (un po’ esigente in effetti) al filtro singolo e il voltmetro, solo per curiosità, in una presa distante dallo stereo.

In questo modo il sistema ha subito un ulteriore piccolo passo in avanti riguardo tutti i parametri. 

Il filtro FS-2S, però, diviene provvidenziale proprio per risolvere la dinamica. Essa infatti non manifesta più alcuna esitazione. 

Ma non è ancora tutto; grazie al voltmetro mi sono accorto che il concorso di colpa, per quanto riguarda la piccola compressione dinamica notata con la musica sinfonica, è anche dovuto ad una momentanea insufficiente quantità di energia disponibile (in alcuni momenti più elettrodomestici stavano funzionando contemporaneamente, consumando più del consueto).

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Conclusioni

Alla fine degli ascolti l’angoscia: c’è una mezza tonnellata di dischi e dischetti da riordinare e tocca a me!

Ma almeno ho una certezza: la multipresa Teorema Elettrico funziona.

Vi riassumo cos’è accaduto inserendola nel mio impianto.

Sulle prime ho avuto due percezioni: una sorta di alleggerimento del suono, specie sul medio-basso, ed una contestuale rivelazione di dettagli a basso livello.

Praticamente, i filtri hanno abbassato la soglia del tappeto di rumore tipica del mio impianto, sicché la conseguenza positiva è stata l’aumento della profondità del silenzio, dal quale sono emerse informazioni musicali, prima nascoste. Semplice.

Immediatamente ho rettilianamente considerato non proprio positivo l’effetto sul medio-basso. Ma l’aumento delle proporzioni della scena e le “novità” rivelatesi al suo interno, mi hanno riconsegnato all’umana ragione.

La multipresa FS-6D preserva quindi dal classico fenomeno psicoacustico del cosiddetto mascheramentoovvero del suono più forte (il rumore elettrico di fondo, in questo caso) che copre il suono più debole (i segnali più deboli, residenti nella stessa area uditiva del rumore). In effetti la multipresa non inventa niente, perché quella musica è sempre stata lì, dove e come ce l’ho trovata io; era solo mascherata dalla “sporcizia elettrica” penetrata nelle pregevoli elettroniche, in qualche modo e in qualche quantità (minima o massima a seconda della bontà delle alimentazioni dei rispettivi apparecchi) consegnata ai nostri ben educati apparati auditivi.

Essere appassionati di musica e di alta fedeltà ha senso se ogni miglioramento apportato al proprio impianto è finalizzato alla rivelazione – non partecipata del mezzo – di ciò che è contenuto in un supporto. Questo serve per entrare in contatto in modo sempre più profondo con la musica, con l’idea del compositore e/o dell’esecutore ovvero con le sue emozioni.

L’imperativo di rimuovere ogni ostacolo empatico fra il nostro Essere e la Musica è rispettato anche da questa massiccia multipresa, tanto che restituirla sarà un bel dramma.

Alla domanda ipotetica finale: «vale la pena acquistare una multipresa filtrata da svariate centinaia di Euro»? La risposta è sì, perché funziona sempre e con tutto, persino col giradischi. Fa miracoli su impianti economici ed è ottima su impianti molto importanti, ai quali fa compiere un salto qualitativo in termini di raffinatezza e risoluzione, tale da giustificarne l’eventuale spesa.

Del resto il nostro mondo è un pò come quello dell’aerospazio: “una piccola miglioria per le nostre orecchie è una grande conquista in temini di godimento”.

multipresa FS-6D: 6 posti con filtro € 700,00

multipresa DS-10: 10 posti non filtrata € 500,00

filtro passante FS-2S: da 20A (per multipresa 10 posti della stessa azienda o di altre aziende) € 350,00

filtro plug-in FS-1P: da 20A per inserimento diretto su presa a muro adiacente impianto elettrico domestico € 240,00

voltmetro passante modulare su multiprese: € 150,00

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