UN PO’ DI STORIA

I due preamplificatori oggetto di questo confronto non hanno bisogno di molte presentazioni:

Il primo è l’EAR 868 della EAR Yoshino, acronimo di Esoteric Audio Research, azienda britannica fondata da Tim De Paravicini, ingegnere elettronico con esperienza trentennale nel settore High End. Tim vanta  importanti collaborazioni con Luxman, Quad e Musical Fidelity ed è considerato tutt’oggi uno tra i migliori progettisti di elettroniche a valvole. Non a caso Stereophile nel novembre 2007, nel titolo di un’intervista lo definisce “The King of Tubes”.

Il secondo è il CAT SL1 SIGNATURE MKII della Convergent Audio Technology, una delle più prestigiose (ed anche costose) aziende americane, produttrice di amplificatori e pre valvolari, capitanata da Ken Stevens, e diventata famosa proprio grazie alla prima versione di questa macchina, l’SL1 del 1988, considerato da molti audiofili come il miglior pre a valvole mai costruito.

L’EAR 868 è un preamplificatore a valvole bilanciato con 4 ingressi RCA ed uno XLR più un ingresso phono. Le uscite sono quattro, 2 RCA e 2 XLR + 1 tape monitor RCA.

All’interno monta 2 PCC88 alle quali se ne aggiungono altre due per la scheda phono che può essere settata sia per testine MM che MC.

Questa macchina dà subito l’impressione di un livello di qualità costruttiva molto elevata, abbinata peraltro a un’indiscutibile estetica. Di dimensioni abbastanza contenute (380x305x100mm), risalta subito per il pannello frontale ed i relativi comandi di metallo lucido tirato a specchio. Da destra verso sinistra troviamo il comando dell’accensione, il volume, il tape monitor ed infine il selettore degli ingressi. Sul posteriore, ingressi ed uscite sia RCA che XLR, raggruppati in modo molto ordinato e pulito.

Il CAT SL1 è un pre valvolare ad architettura solo sbilanciata con stadio phono più due ingressi di linea ed un tape. Le uscite sono due più quella del tape.

All’interno troviamo ben 10 valvole: 5 per lo stadio phono e 5 per la linea.

In dettaglio, per l’ingresso phono vengono utilizzate 3 ECC88: 2 per l’ingresso a basso rumore +1 per il pilotaggio, più 2 ECC83 per il guadagno.

Per l’ingresso linea vengono utilizzate 4 12AU7 ECC82 + 1 ECC88 per il pilotaggio.

La sensazione che si ha guardando l’SL1 è quella di un’assoluta robustezza. Indicativo di ciò è infatti il peso, che insieme all’alimentazione separata, sfiora i 25 Kg.

Il pannello frontale è in alluminio satinato argento (ma esiste anche una versione black) di circa 10mm. Il layout dei comandi procedendo da sx a dx, è costituito da un primo gruppo formato da tre leve selettrici d’ingressi. Seguono due manopole a scatti, una per il bilanciamento e l’altra per il controllo volume. Infine troviamo un secondo gruppo di leve, una per il tape monitor, l’altra per il mute. In mezzo a queste due, la spia rossa che indica quando la macchina è operativa.

L’ASCOLTO

Il confronto tra queste due splendide elettroniche è avvenuto in un salone domestico di circa 35 mq (7x5mt) per un’altezza di 3 metri.

L’impianto in cui sono stati inseriti gli apparecchi è così costituito:

– Sorgente: Oppo BDP 105D Tubes (con stadi di uscita a valvole) + player Daphile

– Finali: Mark Levinson 20.5

– Diffusori: Snell Type A IIIi

– Cavi di potenza: Transparent Musiwave Super

– Cavi di segnale: Acrolink

Già dal primo ascolto si nota subito che l’EAR 868 è un pre a valvole moderno: il basso è asciutto, rapido, reattivo, la medio alta risulta sempre nitida e luminosa ed al contempo molto musicale. La scena sonora è ariosa e soave. Su tutta la gamma di frequenze l’EAR 868 segue con precisione e analiticità disarmante qualsiasi fraseggio musicale, dai rapidi passaggi di un pianoforte allo slap del basso elettrico, mantenendo però sempre quella dolcezza che caratterizza questo tipo di elettroniche.

Passando al CAT SL1, chi si aspetta da quest’ultimo una timbrica eufonica ed ambrata, come quasi tutti i pre valvolari degli anni 80/90, rimarrà molto deluso. Questa elettronica, sotto alcuni aspetti, sembra quasi uno stato solido: molto veloce e lineare con un basso presente ma al tempo stesso controllato. La sezione medio-alta è dolce ma non vira mai nell’eufonia, rimanendo sempre molto neutra. La caratteristica che colpisce di più è il sound stage a dir poco eccezionale: tutti gli strumenti sono ben separati fra di loro e la loro posizione nella scena sonora è sempre ben definita, sia in ampiezza che in profondità.

IL CONFRONTO

E veniamo alle differenze e quindi ai pro e contro: nella prima sessione di ascolti ho dato spazio al pianoforte, strumento principe, che a mio avviso è sempre un ottimo test iniziale per valutare un impianto. Brani di Debussy e Chopin per passare poi a quelli di Philip Glass.

Ciò che per prima cosa è emersa in modo abbastanza evidente è una maggior robustezza sonora da parte del CAT SL1: il suono è più pieno e denso. I transienti del pianoforte sono più dinamici, i martelletti che percuotono le corde sono più evidenti e concreti. Questa caratteristica si manifesta ancora di più in gamma medio bassa dove il pianoforte sembra essere ancora più ricco di armoniche. L’EAR 868 rispetto al vecchio CAT SL1, è più evanescente, soprattutto nella basse frequenze. Ciononostante, il suo ascolto risulta sempre molto piacevole. Questa piacevolezza è data dal connubio di un’eccelsa musicalità unita ad una grande analiticità, soprattutto nei passaggi veloci del pianoforte, dove l’SL1 risulta meno preciso, quasi impastato rispetto al pre inglese.

Dopo il pianoforte, son passato all’ascolto di alcuni pezzi jazz di John Coltrane con Johnny Hartman ed Oliver Nelson.

Le prime sensazioni sono state confermate: con il CAT SL1 il sax di Coltrane è più presente, nella voce di Hartman è evidente quella ruvidezza, quel graffio che nell’EAR 868 tende un po’ a perdersi. Anche nel contrabbasso l’attacco del pizzicato non è così netto come nel CAT SL1. Tuttavia, con l’EAR rimane persistente quella piacevolezza all’ascolto dovuta a quell’ariosità e facilità nel riconoscere in un brano tutti i dettagli, anche quelli meno evidenti, come alcuni vibrati finali sia nel sax che nella voce di Hartman, che il pre made in USA non ha saputo riprodurre con tanta leggerezza e precisione.

CONCLUSIONI

Prima di dare un mio parere del tutto personale è doveroso fare una premessa: sia l’EAR 868 che il CAT SL1 sono prima di tutto due macchine eccezionali e le differenze evidenziate sono piccole, ma molto piccole. Va considerato inoltre che mentre il primo non ha neanche due anni di vita, il secondo ne ha almeno 20 sulle spalle. D’altro canto quest’ultimi sono stati inseriti in una catena dove i finali sono già molto analitici ed i diffusori hanno come caratteristica una gamma bassa molto controllata.

Con questo voglio dire che le “pecche” (se così le vogliamo chiamare) riscontrate in queste due macchine possono dipendere da vari fattori, indipendenti dalle macchine stesse.

Alla fine, perdere un po’ di dettaglio e musicalità a favore di una maggiore presenza e dinamica o viceversa? Non lo so, forse passerò al CAT che si adatta di più al resto dell’impianto e si avvicina maggiormente al mio gusto personale. Di sicuro poi, come è mio solito, rimpiangerò l’EAR. Intanto però continuo a giocarci e a divertirmi come un bambino nel paese dei balocchi.