Wilhem Furtwangler, nato nel 1886, fu uno dei primi direttori a slegarsi dal personaggio del compositore-direttore che fino a pochi decenni prima era consuetudine diffusa.

La figura professionale inizia a delinearsi con forza negli ambiti orchestrali e negli studi accademici del tempo.

Un ruolo esclusivo ed altamente specializzato permetterà una maggiore consapevolezza e uno studio specifico della gestualità, della analisi della partitura ma, aspetto ancora più importante, permetterà di imprimere una interpretazione personale dell’opera d’arte.

Ciò che per noi è consuetudine, agli inizi del XX secolo risultava una novità. Oggi scegliamo e confrontiamo la medesima composizione ma con diverse direzioni, esprimiamo le nostre preferenze e le eventuali critiche.

Il caso Furtwangler fa riferimento alla sua storia personale, fortemente legata al periodo nazista e al tragico epilogo della Seconda guerra mondiale.

Direttore della Philarmonica di Berlino, resterà in Germania negli anni dell’ascesa di Hitler fino alla sua caduta. Lavorerà al servizio del Reich fino al bombardamento di Berlino da parte dei sovietici. 

Fu interrogato dall’esercito americano che provò ad inchiodarlo, ritenendolo filonazista, soprattutto per non aver scelto l’esilio volontario come tanti suoi colleghi (tra cui anche Toscanini). Cosa spinse Furtwangler a restare? E’ ancora oggi una domanda che rimane senza risposta.

In una delle sue dichiarazioni verbalizzate durante gli interrogatori, afferma che non voleva lasciare il suo paese ma continuare a sostenere almeno l’arte che lui riusciva ad esprimere così bene ed era sua convinzione che arte e politica dovessero rimanere separati. Difficile da parte degli americani credere a ciò, infatti fu messo sotto torchio, provando con ogni mezzo ad incastrarlo.

Non fu mai iscritto al partito, ed evitò gesti eclatanti come il saluto romano anche in presenza del Furher. 

Opportunismo o amore sviscerato per un paese che lui vedeva ormai sull’ orlo del baratro? Era giusto condannarlo solo per non essersi mosso dalla sua amata Germania? Del resto non era ebreo come Schoenberg, perciò non in pericolo di persecuzione o addirittura di deportazione. 

Altri detrattori sostengono che non volle lasciare la Philarmonica di Berlino perché un giovane direttore emergente, un certo HERBERT VON KARAJAN stava per usurpare la sua fama a tal punto che Furtwangler non riusciva a pronunciare il suo nome.

Lo definiva “Il Piccolo K”. Senza dubbio era per lui una spina nel fianco che rischiava di intaccare il suo orgoglio.

Nel film” A TORTO O A RAGIONE” (disponibile su youtube) 

del regista ISTVAN SZABO, ci si può fare un’idea di ciò che è accaduto nell’immediato dopoguerra dove americani e sovietici erano a caccia di intellettuali, scrittori, filosofi, artisti e musicisti collusi più o meno apertamente col nazismo, non potendo processare l’intero popolo tedesco. 

Dopo un lungo processo, Furtwangler fu dichiarato totalmente estraneo alla propaganda e all’adesione al partito nazista, inoltre gli fu data la possibilità di continuare la sua carriera dirigendo le migliori orchestre del mondo.

Negli Stati Uniti non riuscì mai ad esibirsi a causa dell’ opinione pubblica che gli era contro, convinta della sua colpevolezza. Morì nel 1954.

Alla fine del film il regista ingrandisce e ripete una scena in bianco e nero del 1942 dove, dopo una memorabile esecuzione della 9^ Sinfonia di Beethoven, Goebbels, entusiasta, si avvicina al podio per stringere la mano al direttore.

Dopo la stretta, Furtwangler, pulisce la sua mano con un fazzoletto. Lo fa per asciugarsi dal sudore o per un senso di ribrezzo nei confronti del carnefice nazista? Io propendo per la seconda ipotesi.

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