Quale suono, per quale genere, con quale esperienza?

Below and above the line.
But, what’s the line?

La linea è certamente quella segnata dalla nascita dei social. La condivisione delle informazioni, che di per sé non sarebbe certo un male, ha però eliminato il grassetto, l’inciso e le parentesi; il titolo, l’occhiello, il sommario e il catenaccio.


Caduta con esse, l’autorevolezza di chi scriveva per un editore, per una testata, in una redazione. Sui social, ogni parere è legittimo e paritetico e tuttavia, profondamente grave è la traccia che permane nel tempo, quando il contesto di un forum evapora e quel parere riverbera nel web senza vincoli circostanziali e senza conoscere oblio.

In High End, lo sforzo interpretativo del testo scritto è amplificato dalla necessità di trasporre (da una parte) e far proprie (dall’altra) le emozioni d’ascolto, diverse per status esperienziale e per genere musicale prediletto.

In copertina di questo articolo, una foto emblematica scattata a sorpresa dal nostro fotografo di redazione, ritrae il bloc notes sul mio smartphone su cui sono solito prendere appunti durante le sessioni d’ascolto.

In sei punti appena abbozzati, ci sarebbe materiale per accendere una guerra fra nipponici contro il resto del mondo, fonici contro aficionados della quinta fila, club del “monitor sound” contro parrocchia del “rear back”.

Tutti torto e tutti ragione se non ci si intende sulle premesse e proprio qui, lo sforzo più duro: quale suono, per chi, per cosa, dove?

550 espositori e 900 brand sono la negazione del principio fondante dell’Alta Fedeltà. Quella sigla High Fidelity brandita da tutti, progettisti e audiofili, alla quale indistintamente tutti ritengono di aderire ma che proprio per tale ragione, essa stessa si nega a una definizione afferrabile e compiuta.


Fedele a chi? Sgombriamo il campo: nulla è fedele se non vagamente al suono acustico dal vivo. Tante sono però le combinazioni di set up in grado di far percepire porzioni di emozione verosimili.


Per i generi elettrificati, in cui è presente una chitarra elettrica, un basso elettrico, un synth, il concetto di fedeltà sarebbe persino più afferrabile se avessimo sale d’ascolto abbastanza grandi da poter contenere dei moderni line-array.

Peccato che non li abbiamo e soprattutto, peccato che quei pochi che hanno spazio e possibilità di generare SPL, rincorrano ancora sistemi di diffusione con “surrogati home”, senza rendersi conto che il Pro (quello serio), è il sistema di diffusione ORIGINALE dal quale ascoltiamo il pop-rock nei live che tanto ci emozionano.

“Indi-per-cui-la-quale”, mai nulla potrebbe essere più fedele all’evento che il sistema di diffusione utilizzato per l’evento …Mon Dieu …Monsieur De Lapalisse!

Ma se è necessario segmentare almeno i due macro-generi d’ascolto, converrete che sia necessario segmentare anche gli ascoltatori; non esiste il prototipo dell’audiofilo ma sarebbe certamente più corretto far riferimento a più tipi di audiofilo, funzione primariamente del genere musicale ascoltato o prediletto.

In seguito, in seno al genere, sarebbe interessante indagare con quale esperienza d’ascolto: frequentatore assiduo di teatri? Jazz club? Live rock? O (ahimè), quasi esclusivamente del proprio divano domestico?

Ecco, il Monaco High End ne ha democraticamente per tutti. Senza la “puzzoneria” delle fiere italiche in cui tutti dissertano di fedeltà senza saperla definire e soprattutto accettarne le inevitabili limitazioni e contraddizioni.

Al MOC, si respira la “democrazia della musica”, con tutta l’immensa ricchezza di strumenti idonei a riprodurla. Brilla l’affrancamento dagli stilemi e dalla più patologica ansia di categorizzazione del suono secondo le perpetue banalizzazioni neutro/colorato.

A Monaco si ascolta e si gode delle mille porzioni d’emozione riproducibili; senza farsi domande preconcette, semmai scoprendo o affinando la propria tendenza verso un modello sonoro più vicino alle proprie esperienze/esigenze. A Monaco si cresce, studiando da audiofili consapevoli; si introietta passione e ci si libera dalle onanistiche scatole mentali autocostruite.

Ho ascoltato minidiffusori da brivido ed ho provato la pelle d’oca al cospetto di un immenso sistema Western Electric degli anni 20. In mezzo, mille e più sfumature di suono da perdere la testa ma mai la voglia di ascoltarne altre.

Impietrito dinanzi ai D’Agostino e le Sonus Faber Lylium, rilassato dinanzi alle MAAT di Sigma Acoustic, intimamente introspettivo con Mr. Kondo o con l’abbinata Audiomat-Devore.

Ho provato porzioni d’emozione diametralmente opposte, senza avvertire il “peso del peccato”. Ed ogni volta in cui ho lodato le tinte noir, ho sentito l’esigenza di accendere il deumidificatore per alleggerire l’aria della stanza, talchè, quando in quella saletta dall’aria leggera e iperdettagliata mi sono imbattuto, ho nuovamente cercato altrove la dimensione mancante.

Perchè l’High End è così, seducente come poche altre passioni e mai bastevole. Nei prossimi giorni, vi parlerò della superba via italiana mai tanto forte e ben rappresentata. Degli immarcescibili “must” internazionali di sempre e della loro capacità di rinnovarsi e sorprendere (perchè il brand, se è vero brand, è per sua natura portatore di innovazione e valore).

Vi racconterò di belle persone, di belle esperienze, di goffi strateghi e di genuina passione.

In fondo a questo sintetico articolo, per una volta, non una galleria fotografica di sale d’ascolto, ma una Street Photography Gallery di una delle 20 prime città al mondo per qualità della vita. Dall’elegante Marienplatz al mitico Milla (uno dei locali underground più autentici d’Europa).

Monaco seducente vetrina del buon vivere, non poteva che essere il legittimo quartier generale della più importante manifestazione mondiale dell’High End. Mai connubio più naturale.

leggi report High End Munich 2019

visita il sito ufficiale: https://www.highendsociety.de/index.php/en/home.html