Accoppiare o disaccoppiare? Tertium non datur …e invece si.

Nella quotidiana lotta al controllo delle vibrazioni nella sala d’ascolto, per molti anni non si è mai andati oltre l’eterno dubbio fra il disaccoppiamento o l’accoppiamento solidale dei diffusori acustici al pavimento.

Le esperienze personali, spesso discordanti, hanno dato vita a diatribe infinite sul ruolo delle punte e sottopunte, piuttosto che di gommini, dischetti in teflon o sorbothane.

Nei fatti, quando non si trova la quadra facilmente, vige la regola dell’esperienza d’ascolto personale che, in sé, sarebbe peraltro la cosa più giusta, se non fosse per il fatto che, nella testa dell’audiofilo diventa spesso la regola universale, inscalfibile legge della “propria” fisica casereccia che bisogna imporre all’argomento e difendere da contaminazioni.

Proverò dunque a esprimere il mio punto di vista sull’obiettivo unico e solo che dovremmo avere nella gestione dell’ideale comportamento meccanico di un diffusore acustico, di qualsiasi forma, dimensione e progetto.

Immaginando un cilindro e il suo pistone, non è difficile capire che il movimento del secondo nel primo, non può avere altro che uno scorrimento “perfetto” sia in termini di allineamento che in termini di efficienza assoluta del movimento meccanico: uno deve stare fermo e l’altro deve muoversi al suo interno con un ciclo di scorrimento perfetto dal bordo d’ingaggio al fondo, senza alcuna indecisione, senza alcuna possibilità che lo scorrimento avvenga di volta in volta con maggiore o minore attrito né maggiore o minore affondo nella cavità del cilindro.

Da cima a fondo senza alcuna tolleranza, torsione, spostamento delle due parti legate insieme da un movimento idealmente perfetto.

Anche il nostro altoparlante, in effetti, è costituito da un sistema pistone cilindro, con la bobina inserita nel magnete che muove avanti e indietro la membrana acustica ad essa connessa e che, a sua volta, muove un ideale pistone d’aria in ambiente.

Più corrente arriva al magnete, maggiore è il campo magnetico generato, più sollecitata è la bobina, più ampi i movimenti della membrana, che sposterà più aria ovvero, genererà molteplici pistoni d’aria di diametro pari a quello della membrana dell’altoparlante eccitato; ciascuno di questi volumi d’aria, sarà artefice della propagazione di un’onda acustica che arriverà, infine al nostro orecchio.

Inutile precisare che l’ho fatta semplice, ben oltre quanto occorrerebbe spiegare l’intero fenomeno di generazione delle onde sonore in ambiente, ma poiché la sostanza del ragionamento risiede al punto successivo, ritengo sia sufficientemente accettabile fermarsi a questo livello di semplificazione.

Se dunque il nostro altoparlante, fosse avvitato saldamente con dei robusti tasselli al muro, avremmo sufficiente certezza che svolgerebbe “quasi” perfettamente il suo lavoro meccanico, producendo con la miglior efficienza possibile, ideali pistoni d’aria in movimento in ambiente.

E’, in vero, altresì evidente che, qualsiasi altro supporto a cui esso viene avvitato (cabinet in legno, metallo, vetro, più o meno pesante, ovvero dotato di alta massa), non sarà MAI sufficientemente “fermo” poiché l’altoparlante medesimo, trascinerà micrometricamente avanti e indietro il cabinet, inducendo risonanze spurie che dovranno essere smaltite al più presto dallo stesso sistema di diffusione. Queste risonanze, deteriorano proprio l’efficienza del movimento meccanico ideale, traducibile in sostanza nella sporcizia sonora avvertibile come assenza di contorni precisi dei suoni attesi, quando non ancora peggio, in variazioni del timbro ideale degli strumenti in gioco.

E’ qui dunque che la faccenda si complica, dacché le risonanze (vibrazioni) in oggetto, dovranno trovare una via di fuga immediata, trasferendosi al di fuori del cabinet stesso, attraverso la via obbligata del passaggio istantaneo al pavimento su cui il diffusore acustico è poggiato.

Non credo che fin qui, alcun lettore possa avere dubbi su questa “miserabile” certezza circa la via di fuga unica possibile.

Eppure, non è davvero così semplice che questo flusso di vibrazioni indotte dalla risonanza del sistema cabinet/altoparlante possa uscire agevolmente dalla base del diffusore acustico al pavimento, poiché il transito da un materiale (legno) all’altro (cemento, gres, parquet) trova la resistenza delle vibrazioni medesime che tendono invece a rientrare nella “zona di comfort” costituita dalla struttura in legno, portandola a vibrare pesantemente.

Sono quelle vibrazioni che inficiano il “perfetto” movimento del cilindro d’aria generato dall’altoparlante avvitato al cabinet, sovrapponendo pistoni d’aria scomposti fuori asse ad ogni impulso elettrico che arriva all’altoparlante e che, in ultima sintesi, sono i responsabili della “melma sonora” più o meno grande, alla base di ogni diffusore acustico posizionato in ambiente domestico.

Il primo pensiero di ogni audiofilo è dunque quello di rendere “solidale” il sistema acustico al pavimento, ritenendolo “teoricamente” solido. La fisica ci viene incontro anche stavolta, consigliando l’installazione di punte avvitate nel cabinet, tal che la massa di quest’ultimo “appaia” enormemente più alta, scaricando l’intero peso del sistema su 3/4 punti di contatto col pavimento; in tale maniera, il peso del sistema acustico verrà concentrato su una superficie puntiforme che “leggerà” alcune tonnellate di pressione, rendendo perfettamente solidale il sistema cabinet/pavimento.

Sembrerebbe dunque risolto il problema delle vibrazioni, costrette a defluire verso terra “obtorto collo”.

Ma a questo punto, occorre chiedersi con cosa stiamo rendendo solidale il diffusore acustico:

con un pavimento fermo o “forse” con un pavimento più o meno basculante?

Se siamo a piano terra e con l’impianto posto sull’asse di una travatura in cemento armato o nelle sua prossimità, probabilmente, il beneficio del trattamento su punte è davvero molto ben udibile e soddisfacente. Per mia diretta esperienza, ho sempre usato il sistema delle punte nella mia abitazione con una collocazione dell’impianto che rispettava pressappoco le caratteristiche appena descritte.

Col trasferimento del mio impianto principale in una delle sale d’ascolto di Audiosinapsi, posta al primo piano di un palazzotto storico dell’800 costruito con “volte a stella” sia al piano terra che al primo piano, le cose sono radicalmente cambiate, inducendomi a riconsiderare l’accoppiamento solidale in favore di un disaccoppiamento necessario, da un pavimento estremamente basculante e risonante.

Il medesimo impianto, ha iniziato a sprigionare una quantità eccessiva di bassi nell’intorno della specifica frequenza di 60 hz, obbligandomi ad eliminare le punte, in favore di una serie di dischi in sorbothane sotto le mie Genesis III. Il pavimento, infatti, si comportava inizialmente come una superficie battente a tutti gli effetti, asincrona rispetto ai battimenti degli altoparlanti e dunque sovrapposta ad essi e sfasata temporalmente, con una risultante assai diversa dalla ritmica ideale.

Il miglioramento è stato immediatamente evidente con l’inserimento dei dischi in sorbothane e tuttavia, diminuita la presenza del basso ridondante (avvertibile solo in determinati brani e a volumi d’ascolto più elevati della media dei miei soliti ascolti), è diminuita anche la perfetta intellegibilità della gamma medioalta, con un saldo pari fra ciò che ho guadagnato in gamma bassa e ciò che ho perso in gamma medioalta.

L’ostinazione nella ricerca della soluzione, mi ha portato a richiedere in prova all’amico Mino Di Prinzio, una coppia delle sue apprezzatissime basi antirisonanti Extrema Voice, figlie di una sua intuizione e frutto di una ingegnerizzazione assai più complessa di quanto la forma semplice delle stesse suggerirebbe.

Le Extrema Voice, sono composte da una coppia di lastre in speciale alluminio denominato Fibral. Le due lastre, identiche, vengono accoppiate specularmente, facendo coincidere alcuni canali scavati nelle stesse, all’interno dei quali, scorrono liberamente delle sfere in acciaio.

La base posizionata sul pavimento, viene accoppiata ad esso con punte lievemente stondate mentre quella a contatto col diffusore acustico, è libera di muoversi insieme al medesimo, sulle sfere interposte, lungo i canali speculari delle due basi.

E’ necessario precisare che questi canali guida di scorrimento, permettono alla base superiore e al diffusore solidale ad essa, di muoversi esclusivamente nel senso di spinta degli altoparlanti. Il movimento laterale è invece fermamente impedito.

Un diffusore acustico che si muove, contraddice palesemente la regola dell’altoparlante ideale, avvitato al muro, perfettamente immobile perché esente da vibrazioni del sistema, in grado di sprigionare fino all’ultima stilla di energia meccanica indotta dal magnete sulla bobina che guida la membrana nel movimento in aria. Ce l’eravamo detto all’inizio di questo articolo no?

Abbiamo però dimenticato il fatto che su un pavimento basculante (la maggioranza), l’accoppiamento è deleterio sul piano della melma acustica in bassa frequenza, mentre il disaccoppiamento risolve parzialmente il problema in basso ma tende a sporcare l’emissione in medioalta frequenza, poiché il disaccoppiamento con materiali morbidi o semi morbidi, non garantisce l’immobilità del sistema diffusore sul piano perpendicolare all’asse degli altoparlanti, introducendo “alias” nell’immagine acustica e rendendo la  scena imprecisa quando non addirittura “ballerina”.

Posizionate sotto le grandi Genesis III, le basi antisismiche Extrema Voice, hanno ineffabilmente quadrato il rebus dei due sistemi contrapposti, indicando una insperata terza via che collima i pregi di un basso asciutto del sistema disaccoppiato su pavimento basculante, con la fermezza e pulizia della gamma medioalta, ottenibile con le punte d’accoppiamento sui pavimenti rigidi.

L’intellegibilità delle voci e degli strumenti solisti, con le Extrema Voice fa un salto di qualità netto e perfettamente avvertibile da chiunque, senza dover tendere l’orecchio a differenze poco percettibili, come avviene con tanti strumenti di fine tuning improbabili.

Il mascheramento sulle gamme superiori, effetto secondario dell’instabilità della gamma bassa, svanisce quasi totalmente, schiarendo foschie che nei nostri impianti non pensiamo di avere finché qualcosa, come in questo caso due basi antisismiche ben progettate, diradano immediatamente.

Un test A/B di assoluta facilità, si trasforma in angoscia al ritorno dei diffusori sul pavimento, come il peso sordo di una cattiva digestione non perfettamente conclamata. Foschia appunto; che non è nebbia ma nega comunque la profondità e l’ampiezza alla vista, appesantendo l’esperienza visiva.

Un impianto High End non è un semplice seppur dignitosissimo impianto Hi Fi.

La sua terminologia è davvero molto diversa e non si occupa di alti, medi e bassi come nell’analisi grammaticale delle scuole elementari.

E’ piuttosto analisi logica sottile e complessa su cui poggia la filosofia dell’ascolto maturo e illuminato di chi conosce il timbro degli strumenti acustici e il loro collocamento sul palco del teatro o dei sempre più radi jazz club rigorosamente votati alle performance in acustico.

Le basi antisismiche Extrema Voice apportano un contributo prezioso al realismo, rimodellando i bordi del contrabbasso, sottolineando i fianchi delle cantanti, liberando i vibrati di trombe e flicorni, ravvivando le spazzole sul rullante, lucidando hi-hat, crash e ride.

Contribuiscono all’occultamento dei diffusori acustici ma capisco l’angoscia di chi ha speso i propri risparmi per portarseli in casa e vederli sparire all’ascolto.

Le basi antisismiche Extrema Voice Di Mino Di Prinzio, sono un prodoto tecnologicamente avanzato per audiofili maturi, con impianti ormai stabili e scevri dalla frenesia del cambia/scambia, in grado di percepire e apprezzare la potenza emozionale della pura musica, quando l’impianto tende a farsi dimenticare veramente. Buoni ascolti. 

leggi altro articolo di Carlo Elia

Cerca le basi antisismiche Extrema Voice

apri il pdf con le prove tecniche redatto dalla Facoltà d’ingegneria dell’Univesità degli studi di Lecce