Grazie a Marco Vallerga, disponibilissimo amico ed amministratore del gruppo Audiophile Music Club che me li ha prestati per una prova, ben tre cavi terminati, ho scritto un breve resoconto delle prime impressioni di ascolto, cui probabilmente seguirà altro scritto per il confronto fra questo modello degli Acrolink ed il modello 7N-PC4020.
I cavi, nuovi di pacca, sono stati rodati per tre giorni consecutivi e sottoposti ad alcune sessioni di ascolto critico collegati al mio dac Merging Hapi e/o al mio premplificatore Audio Research LS25 MKII. Sul mio finale non è stato possibile provarli perchè è dotato di ingresso IEC da 20 ampere, mentre i cavi hanno connettori IEC da 16 ampere (di forma differente).
Gli Acrolink si sono dimostrati ottimi ed hanno una loro precisa personalità. La loro caratteristica peculiare è quella di rendere abbastanza netti i contorni soprattutto nel registro medio grave e di dare una sensazione, nelle percussioni, di “separazione” fra gli strumenti in senso orizzontale. Una sensazione di aumentata separazione fra gli strumenti, quella che viene definita (e spesso irrisa dagli scettici) come “nero infrastrumentale”. 
Per converso, questa loro caratteristica viene contrastata da una trasposizione in avanti del basso ed una sua disarticolazione con conseguente “perdita” sulle medio alte frequenze, dove, da quanto ho percepito, si perde un senso di ariosità, di lucentezza, di lucidità del suono ma a vantaggio di una sensazione di maggiore separazione fra gli strumenti, anche se solo in senso orizzontale. A confronto con il LappOllflex non c’è storia a favore degli Acrolink, dimostrandosi il Lapp un onesto lavoratore, ma senza quella rifinitura che è presente nel suono con gli Acrolink. A confronto con i miei artigianali, realizzati con le sapienti manine dell’amico (della cui pazienza e amicizia abuso) Pino Moschetta, sua la geometria, la realizzazione e l’idea, mie le finanze per acquistare il materiale, devo dire che gli Acrolink vengono messi in seria difficoltà, laddove alle caratteristiche migliori dei cavi Giapponesi si aggiunge anche l’assenza dei difetti che sopra enunciavo. Si ascolta una maggiore presenza di informazioni, una ariosità, lucentezza, ricchezza armonica e articolazione che si estrinseca in tutte e tre le dimensioni ed in tutto lo spettro acustico, dove la separazione fra gli strumenti non è solo orizzontale ma anche in profondità, facendomeli preferire e sentire pago di quello che ho. 
Bisogna soggiungere che in ogni caso i materiali dei quali sono fatti i miei cavi non sono materiali comuni, ma a norme militari per uso aerospaziale e che per realizzarli, c’è bisogno di capacità e manualità. 
Dunque gli Acrolink vanno benissimo per quanto costano, sono consigliabili in tutti gli impianti in sostituzione dei cavi di serie. 
Li raccomando, seriamente, in impianti che appaiono problematici nella gestione delle alte frequenza, con palesi problematiche di fatica di ascolto e suono “metallico”, apparendo il loro apporto importante “nell’analogicizzare” il suono, ma occhio alle basse.